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CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE II CIVILE - Sentenza 10 marzo 2011, n. 5733
 

Cassazione Civile: nullità del contratto d'ufficio su domanda adempimento o risoluzione

Corte di Cassazione - Sezione Prima Civile, Ordinanza interlocutoria 28 novembre 2011, n. 25151
 

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28-10-2011

Cassazione Civile: risoluzione del contratto di esclusiva, responsabilità ed onere probatorio

Corte di Cassazione - Sezione Seconda Civile, Sentenza 12 ottobre 2011, n.21016

 

da www.filodiritto.it 

 

La Corte di Cassazione si è pronunciata in tema di risarcimento del danno a seguito della risoluzione unilaterale di un contratto di esclusiva.

Nel caso di specie la società attrice conveniva dinnanzi al giudice la società fornitrice dei prodotti, oggetto dell'accordo di esclusiva, per aver posto in essere "[...] comportamenti pregiudizievoli in violazione del patto di esclusiva, non fornendole le necessarie nuove campionature e gli indispensabili supporti commerciali di vendita, oltre ad escluderla dalle iniziative pubblicitarie ed affidando la commercializzazione dei suoi prodotti a ditte concorrenti".

Il Giudice d'Appello, confermando la decisione del primo grado, "[...] evidenziava che nessuna dimostrazione risultava essere stata fornita dalla società appellante, su cui incombeva il relativo onere probatorio, circa l'esistenza del dedotto patto di esclusiva, non deponendo in tal senso né le prove testimoniali assunte, dichiarate inattendibili dal giudice di primo grado [...], né la documentazione prodotta".

Con i primi due motivi la ricorrente (attrice originaria) adduce la violazione dell'articolo 360 c.p.c. commi 4 e 5 in relazione all'articolo 115 del c.p.c. per non aver ammesso prove ritenute superflue e non inammissibili in primo grado; denuncia inoltre un error in procedendo del Giudice d'Appello per aver riesaminato l'intera questione circa l'esistenza del patto di esclusiva e non le doglianze specifiche dedotte in appello.

Analizzando congiuntamente i due motivi, la Corte afferma che "[...] non viola il principio del tantum devolutum quantum appellatur il giudice che fondi la sua decisione su ragioni diverse da quelle svolte dall'appellante nei suoi motivi, ovvero esamini questioni non specificamente da lui proposte, ma che appaiono, nell'ambito della censura proposta, in rapporto di diretta connessione con quelle espressamente dedotte nei motivi stessi, costituendone un necessario antecedente logico e giuridico" (Cfr. Cass. n.397/2002; Cass. n. 443/2001); come stabilito già dalle Sezioni Unite (n.13533/2001), spettava alla società appellante fornire la prova dei fatti posti a fondamento della domanda, ossia che il rapporto contrattuale era caratterizzato dal patto di esclusiva, quindi per l'effetto nessuna responsabilità era addossabile alla società appellata in ordine alla risoluzione e conseguente risarcimento del danno.

Gli Ermellini riaffermano inoltre il principio della necessaria autosufficienza del ricorso: "[...] la parte che denuncia, in sede di legittimità, il difetto di motivazione su un'istanza di ammissione di un mezzo istruttorio ovvero sulla valutazione di un documento o di risultanze probatorie e processuali, ha l'onere di indicare specificamente le circostanze oggetto della prova o il contenuto del documento trascurato o erroneamente interpretato dal giudice di merito, provvedendo alla loro trascrizione, al fine di consentire il controllo della decisività dei fatti da provare e, quindi, delle prove stesse, dato che questo controllo, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, deve poter essere compiuto dalla Corte di Cassazione sulla base delle deduzioni contenute nell'atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative" (Cfr. Cass. n.10913/1998; Cass. n.12362/2006)".

Conclude la Corte per il rigetto del ricorso, osservando che: "la corte territoriale ha posto in rilievo, con una corretta deduzione, che le missive reciprocamente inviate dalle parti, valutate nel loro complesso, non erano obbiettivamente e concretamente idonee a determinare la conclusione di un accordo avente il carattere dell'esclusiva.[...] Essendo pacifico che l'affidamento dell'incarico di vendita fu revocato dalla ricorrente, non soddisfatta dell'evoluzione avuta dai rapporti pluriennali intercorsi fra le parti".


Cassazione Civile: tenuta delle scritture contabili, fallimento e risarcimento dei danni
06-04-2011

da www.filodiritto.it 

La Cassazione si è occupata di una interessante questione sottoposta alla propria attenzione, relativa alla richiesta di risarcimento danni formulata dal Curatore del Fallimento, in via solidale, nei confronti degli amministratori e dei sindaci della società cooperativa fallita, sulla scorta della omessa o comunque irregolare tenuta dei libri sociali, che, oltre ad aver reso impossibile il controllo dell'operato dell'organo di gestione, sarebbe stata, di per sè sola, fonte diretta di danno per la società e per i creditori sociali, in quanto avrebbe determinato scelte gestorie non ponderate e provocato rilevanti aggravi fiscali.

"La Corte d'appello ha affermato il principio che in tema di risarcimento del danno compete a chi agisce l'onere di provare l'esistenza del danno, il suo ammontare ed il fatto che esso sia stato causato dal comportamento illecito di un determinato soggetto e che tale principio trova applicazione, con particolare riferimento al nesso di causalità, anche per ciò che concerne le azioni di responsabilità proposte nei confronti di amministratori e sindaci per danni causati alla società per irregolare tenuta dei libri contabili. Ha poi precisato che un'inversione dell'onere probatorio sarebbe in tal caso ammissibile solo qualora una assoluta mancanza delle scritture contabili rendesse impossibile al curatore fornire la prova del nesso di causalità".

In sostanza, quanto sopra, secondo la Cassazione "appare del tutto conforme alla giurisprudenza di questa Corte che ha già avuto occasione di precisare che la totale mancanza di contabilità sociale, o la sua tenuta in modo sommario e non intellegibile, è di per sè giustificativa della condanna dell'amministratore al risarcimento del danno, in sede di azione di responsabilità promossa dalla società a nonna dell'art. 2392 codice civile, vertendosi in tema di violazione da parte dell'amministratore medesimo di specifici obblighi di legge, idonea a tradursi in un pregiudizio per il patrimonio sociale".

Tuttavia, nel caso di specie, il giudice di secondo grado ha correttamente rilevato, anzitutto, sulla scorta delle risultanze della CTU, "che non sussisteva una totale mancanza dei libri sociali perchè alcuni di essi (specificatamente individuati) erano stati tenuti solo a partire da un certa epoca (anni 1983-84), mentre altri erano stati tenuti solo fino al 1984 ed ha ritenuto che tale, sia pure incompleta documentazione, che aveva determinato l'inattendibilità dei bilanci e dei conto profitti e perdite, non era tuttavia tale da impedire al curatore fallimentare di fornire la prova della esistenza del nesso di causalità tra il comportamento omissivo degli amministratori ed il pregiudizio al patrimonio sociale".

La suddetta valutazione di merito, basata sulle risultanze della consulenza tecnica d'ufficio, e congruamente e logicamente motivata non è censurata dalla Corte di Cassazione.

 


 
 

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